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Controversia doganale

Con la dichiarazione doganale il contribuente manifesta la volontà di dare una destinazione alla merce giunta in dogana, o in altri luoghi autorizzati, e fornisce tutti gli elementi necessari alla liquidazione dei tributi: qualità, quantità, valore, origine.

Dall’accertamento di eventuali inesattezze, irregolarità o omissioni dei dati forniti - oppure a seguito di successivi controlli - sorge una controversia doganale.

La controversia doganale - procedimento di carattere amministrativo, disciplinato dagli artt. 65 e seguenti del DPR 23.1.1973, n. 43 - svolge la funzione di tentare la composizione del contrasto sorto tra l’amministrazione doganale e l’operatore in sede amministrativa attraverso il contraddittorio allo scopo di evitare il ricorso alla giustizia tributaria.

La contestazione può riguardare:

            La qualificazione, il valore o l’origine delle merci dichiarate;
            Il regime di tara o il trattamento degli imballaggi.


punto.gifVisita di controllo o controvisita
Quando la contestazione insorge nel corso dell’accertamento, il dichiarante può chiedere che si proceda alla visita di controllo o controvisita, che può essere anche esercitata dalla stessa amministrazione doganale.

            La normativa comunitaria (art. 241 del Reg. CE n. 2454/1993) dispone l’assistenza alla visita delle merci del
             soggetto interessato, perché fornisca la necessaria collaborazione all’autorità doganale per facilitarne il
             compito;
            La normativa nazionale privilegia il contraddittorio, disponendo che durante la visita di controllo la parte sia
             presente per potersi contrapporre alle pretese della dogana e contribuire in posizione paritaria alla formazione
             del provvedimento (art. 73 del R.D. n. 65/1896).

Qualora la parte non richieda questo rimedio o non ne accetti il risultato, può chiedere l’intervento di un perito incluso nell’apposito elenco tenuto dalle Camere di Commercio, sostenendone le spese.
Se non si fa ricorso a questo rimedio, peraltro poco utilizzato, bisogna procedere immediatamente alla redazione del verbale di controversia.


punto.gifL’opposizione
Sulla contestazione decide il Direttore dell’ufficio doganale con provvedimento adeguatamente motivato da notificare senza ritardo all’interessato con l’indicazione dei presupposti di fatto e di diritto sulla cui base è stato emanato.
Il rimedio assume la natura di opposizione, che, a differenza del ricorso amministrativo, rappresenta la rimostranza da parte del soggetto interessato, rivolta alla medesima autorità che ha emanato il provvedimento ritenuto lesivo, al fine di ottenere il riesame della questione. L’ufficio decide in via autonoma.

L’opposizione non ha carattere generale, ma costituisce una forma di garanzia prevista espressamente dalle disposizioni, quale rimedio giuridico di impugnativa di un atto già formato.
Il verbale di controversia
Se l’operatore non si ritiene soddisfatto del provvedimento adottato dal Direttore dell’ufficio doganale, può chiedere, nel termine perentorio di dieci giorni dalla notifica, di procedere alla redazione del verbale di controversia secondo le prescritte modalità, da compilare sull’apposito modulario.
Successivamente, affinché la controversia possa ritenersi instaurata, il dichiarante, nel termine di 30 giorni dalla redazione del verbale, a pena di decadenza, può chiedere la decisione al Direttore dell’Agenzia Regionale delle Dogane (ex Compartimento doganale), che rappresenta un unico grado di giudizio.

Il Direttore ha 4 mesi dalla presentazione dell’istanza per emettere la propria decisione, che è un provvedimento definitivo e preclude la possibilità di promuovere altro ricorso gerarchico.

Vigente la precedente normativa, il Compartimento doganale decideva:

            In primo grado sulla controversia dopo aver sentito il parere del Collegio compartimentale dei periti doganali;
            In seconda istanza era competente il Ministero dell’Economia e delle Finanze.


punto.gifIl nuovo assetto giuridico
Dal 16 maggio 2007 i Direttori regionali dell’Agenzia delle Dogane provvedono alla risoluzione delle controversie doganali senza sentire il collegio dei periti (soppressi per contenere la spesa pubblica).
Le loro decisioni assumono carattere definitivo, quindi non suscettibili di ricorso gerarchico (art. 16 – comma 4 – del D.L.vo n. 165/2001), essendo le Agenzie fiscali divenute strutture di vertice dell’amministrazione.

Un ulteriore gravame può essere proposto solo in via giurisdizionale davanti agli organi della giustizia tributaria, le Commissioni tributarie provinciali (competenti a pronunciarsi, in particolare, sugli avvisi di accertamento e su quelli di liquidazione dei tributi di ogni genere e specie e sui provvedimenti di irrogazione delle sanzioni).

Il nuovo modus operandi ha abolito in sostanza il secondo grado di giudizio davanti al Ministro dell’Economia e delle Finanze, essendo stato riconosciuto ai Direttori regionali il ruolo di struttura di vertice, secondo il nuovo organigramma dell’Agenzia delle Dogane.

Ciononostante la procedura delle controversie doganali rimane una procedura complessa e dispendiosa, nel corso della quale taluni termini, connessi a diversi adempimenti, hanno carattere ordinatorio, non tassativo (che non ammette alcuna dilazione). Ciò provoca lungaggini e situazioni gravose per gli operatori interessati (i termini posti a carico del contribuente sono perentori, quelli posti a carico dell’amministrazione sono ordinatori o indicativi).

Inoltre, come conseguenza dell’insorgere della controversia, l’accertamento, pur da considerare non definitivo, obbliga a contabilizzare i diritti doganali a carico del contribuente, recando danno solo a quest’ultimo.

Ancora, con la soppressione dei collegi dei periti viene eliminato l’unico organo terzo, che interveniva nelle controversie doganali, attualmente decise soltanto dallo stesso soggetto, autore del provvedimento impugnato con l’assurdo giuridico che il giudice diventa giudice di se stesso, pur non mettendo assolutamente in dubbio l’imparzialità dell’amministrazione doganale.

Alla luce della normativa comunitaria, sembra opportuno sottolineare che è a carico dell’ufficio, nel corso del procedimento incardinato davanti alla Commissione tributaria provinciale, sospendere in tutto o in parte l’esecuzione di una decisione contestata, se soltanto uno dei presupposti, quali il rischio di causare un danno grave e irreparabile (periculum in mora) oppure l’apparenza dell’ammissibilità e fondatezza del ricorso (fumus boni iuris), si possa considerare verificato.

La sospensione del provvedimento inerente le risorse proprie è subordinata alla costituzione di idonea garanzia.

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